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Forniamo un’assistenza completa per tutti i servizi riguardanti tutto il Nord Italia e principalmente Liguria, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia.  

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Successioni

La successione ereditaria è quel processo giuridico che comporta il trasferimento del patrimonio ereditario dal soggetto defunto al suo, o ai suoi, successori.
Per patrimonio ereditario si intende l’insieme dei rapporti patrimoniali attivi e passivi trasmissibili che fanno capo al defunto al momento della sua morte. Dunque, l’eredità comprende non solo i beni e i crediti di cui è titolare il de cuius al momento della morte, ma anche i suoi debiti.

Quando si succede

La sostituzione nella titolarità del patrimonio avviene per mortis causa ossia il presupposto della successione è il decesso del soggetto titolare del patrimonio che viene devoluto in base alle modalità previste dalla Legge.
Quest’ultima disciplina, infatti, i diversi casi in cui ci si può trovare al momento dell’apertura della successione (art. 456 del codice civile: “la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”), al fine di conseguire il passaggio del patrimonio ereditario e regolare anche i differenti interessi del defunto, dei suoi familiari, dei suoi creditori e dello Stato.

Testamento

L’interesse del defunto di definire il destino dei suoi beni, quando è ancora in vita, avviene tramite un atto chiamato “testamento”. La legge però prevede un limite alla libertà di disporre della sorte dei suoi beni rappresentato dal riconoscimento di una quota di patrimonio definita “legittima” in capo ai familiari legati al testatore entro un certo grado di parentela. Allo stesso tempo, la Legge prevede una disciplina specifica in caso di una successione in assenza di testamento cd. “successione intestata”.

Accettazione eredità

Dopo l’apertura della successione, che permette di definire la legge da applicare in base al domicilio del defunto, il successore indicato nel testamento o quello che in base al grado familiare è legittimato a succedere deve accettare l’eredità per assumere la qualità di “erede”. Il periodo che intercorre tra l’apertura della successione e quello dell’accettazione viene definito “giacenza dell’eredità”: in questo periodo il chiamato a succedere non dispone dei beni ma può compiere atti di conservazione degli stessi fino alla nomina, d’ufficio o su istanza di qualsiasi interessato del patrimonio ereditario, di un curatore. L’accettazione dell’eredità può essere espressa, tacita o presunta e il diritto si prescrive in 10 anni. In caso di minore o di persona incapace l’accettazione deve avvenire solo con beneficio d’inventario. Si precisa che l’effetto dell’accettazione dell’eredità da parte del chiamato alla successione risale al momento nel quale si è aperta la successione (art. 459, codice civile): per esempio, se il de cuius muore il 10 aprile 2010 e il chiamato alla successione accetta il 20 giugno 2010 l’accettazione retroagisce alla data di apertura della successione quindi al 10 aprile 2010. 

Chi può succedere?

La legge richiede che il chiamato alla successione per essere definito capace di succedere si trovi in determinate condizioni al momento dell’apertura della successione: 


Art. 462-Capacità delle persone fisiche. “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione. Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta. Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti”.


Ci sono alcuni casi in cui colui che dovrebbe ereditare viene considerato inidoneo a subentrare nei rapporti di cui era titolare il defunto per motivi di incompatibilità morale (indegnità) o per espressa previsione testamentaria (diseredazione). Nel primo caso, l’indegno è chiamato alla successione ma viene escluso, anche su richiesta degli altri eredi, con apposita pronuncia del Giudice; nel secondo caso, possono essere esclusi unicamente quei soggetti che per Legge non sono definiti successori legittimari.


Diverso è il caso del chiamato alla successione che rinuncia o non può accettare l’eredità: rientrano l’istituto della rappresentazione, consistente nel subentro dei discendenti (rappresentati) al posto e nel grado del loro ascendente (rappresentato), qualora quest’ultimo sia un figlio/a oppure un fratello o una sorella del defunto; e quello dell’accrescimento, ammesso nel caso non sia possibile applicare l’istituto della rappresentazione,  che comporta l’attribuzione in modo proporzionale della quota del rinunziante agli altri successori. La legge prevede che il fenomeno dell’accrescimento si applichi sia in caso di successione testamentaria, qualora il testatore abbia previsto più eredi, per quote dello stesso valore, e non abbia indicato un sostituto,  sia in caso di successione intestata.

Concessioni demaniali portuali

Il rilascio delle concessioni interessa anche il mare territoriale e pertanto occorre rivolgersi all’A.P.G. anche per la occupazione di specchi acquei con attrezzature o attività (posizionamento gavitelli, campi boe, installazione di pontili galleggianti ecc.) o per autorizzazioni relative a prelievi di arena.
Il titolo concessorio può essere rilasciato sotto forma di licenza o di atto formale (articoli 8 e 9 del reg. cod. nav.), in relazione alla tipologia, dimensioni, durata della concessione e degli investimenti effettuati dal concessionario.
Il rilascio della concessione demaniale marittima si articola, come per gli altri provvedimenti amministrativi, sostanzialmente in tre fasi che vanno dalla presentazione della domanda, corredata da adeguata documentazione tecnica, all’ufficio competente, all’attività istruttoria fino al provvedimento finale.
Nella fase istruttoria, comprensiva anche della pubblicazione dell’istanza, saranno acquisiti i pareri, previsti da norme e regolamenti, sia dagli uffici interni l’Amministrazione sia di Enti esterni (es. Capitaneria di Porto, Agenzia delle Dogane, Comune ecc.)
L’istruttoria si conclude con il passaggio in Comitato Portuale.
Terminata l’istruttoria, con esito positivo, si procede al rilascio del titolo concessorio (redazione e sottoscrizione del titolo concessorio, pagamento del canone, versamento della cauzione, sottoscrizione del mod. 77 (licenza di concessione) o dell’atto formale di concessione, e registrazione della concessione all’Ufficio del Registro). Nel caso in cui l’istanza non venga accolta si emana il provvedimento di diniego.

Esempio “Domanda Concessione “

Esempio “Concessione Demaniale Portuale”

Soggetti richiedenti e modulistica

La normativa (reg. cod. nav. art. 5) riconosce come soggetti titolati a presentare la domanda di concessione marittima chiunque intenda occupare per qualsiasi uso zone del demanio marittimo (di cui all’art. 28 del cod. nav.) o del mare territoriale o pertinenze demaniali (fabbricati, costruzioni, impianti di cui all’art. 29 del cod. nav.). Tali soggetti devono presentare l’istanza volta all’ottenimento del titolo concessorio all’A.P.G. (Ufficio Demanio, Palazzo San Giorgio, via della Mercanzia, 2 – 16124, Genova) esclusivamente mediante i modelli normalizzati predisposti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (D1 e D2).
Il modello D1 è utilizzato per redigere le domande di concessione aventi come oggetto l’occupazione e l’uso di beni demaniali e di zone di mare territoriale.
Il modello D2 deve essere usato unicamente nel caso in cui si intenda rinnovare una concessione demaniale per la quale sia stato, a suo tempo, presentato il modello D1. Nel caso in cui per la originale concessione non siano stati presentati i dati richiesti dall’Amministrazione mediante modello D1, anche nel caso del rinnovo, il richiedente deve presentare il modello D1.
Nel caso che il medesimo compendio demaniale marittimo sia oggetto di più istanze, le medesime saranno soggette, ai sensi dell’art. 37 del cod. nav., ad una valutazione comparativa.

Adeguamento antincendio

Lo Studio SELIS esegue verifiche e conseguenti pratiche di adeguamento alla normativa antincendio, previa presentazione di opportuna documentazione al Comando dei VV.FF.

La prevenzione incendi secondo la legge italiana, indica il complesso delle attività finalizzata alla prevenzione del rischio e/o finalizzate ad evitare il sorgere di incendi.
All’interno dei luoghi di lavoro, è d’obbligo per i datore di lavoro, redigere una valutazione dei rischi, come stabilito dal testo unico sulla sicurezza sul lavoro, che comprende la valutazione e la prevenzione di un eventuale incendio. Dato che quest’ultimo può creare seri danni al lavoratore, come ad esempio: un’azione termica, la riduzione della visibilità, anossia, un’azione tossica dei fumi. Per specifiche attività inoltre, è necessario l’ottenimento del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI), il quale prevede generalmente una fase di progettazione, realizzazione delle opere di adeguamento e certificazione finale. Il CPI deve essere rinnovato ogni 5 anni. Non sempre è semplice individuare se l’attività necessita o meno di questo certificato, è quindi doveroso affidarsi ad un tecnico o a servizi online per eseguire una valutazione di assoggettabilità.
Con la prevenzione si vuole ridurre al minimo il rischio che l’incendio avvenga.
Il secondo step è la Protezione.
Essa può essere PASSIVA o ATTIVA.
Quella passiva non richiede l’intervento di un uomo o di un impianto ma consiste in:

  1. Barriere antincendio: come ad esempio, muri tagliafuoco, isolamento dell’edificio, distanze di sicurezza esterne ed interne etc.
  2. Materiali classificati per la reazione al fuoco.
  3. Sistemi di ventilazione.
  4. Vie d’uscita consone.

 

Quella attiva richiede l’intervento dell’uomo o di un impianto:

  1. Rete idrica antincendi.
  2. Estintori.
  3. Impianti di rilevazione e spegnimento automatici.
  4. Evacuatori di fumi e calore.
  5. Dispositivi di segnalazione ed allarme.

 

La cosa fondamentale è avere sempre un PIANO DI EMERGENZA; (questo include il piano di evacuazione).

Certificato di prevenzione incendi: quando è obbligatorio

Il certificato di prevenzione incendi (CPI) è il documento che certifica la conformità del fabbricato alle norme antincendio, viene rilasciato dai Vigili del Fuoco e non è obbligatorio per tutti gli edifici, ma solo per quelli previsti dalla legge, elencati nell’Allegato 1 nel D.PR. n. 151 del 1 agosto 2011.
Il 2 aprile 2017, è entrato in vigore il Decreto del Ministero dell’Interno 21/02/2017 che ha aggiornato la normativa antincendio ed ha esteso l’obbligo ad alcuni edifici che fino allo scorso anno non dovevano richiedere il CPI, fra questi anche alcuni condomini.
E’ bene ricordare che anche gli immobili non soggetti all’obbligo devono rispettare la normativa, e in caso di incendio, la responsabilità di mancato adeguamento è del proprietario o dell’Amministratore di condominio.

Risparmio energetico

risparmio_energetico

Sotto il nome di risparmio energetico si annoverano varie tecniche atte a ridurre i consumi dell’energia necessaria allo svolgimento delle attività umane. Il risparmio può essere ottenuto sia modificando i processi energetici in modo che ci siano meno sprechi, sia trasformando l’energia da una forma all’altra in modo più efficiente.

Per risparmio energetico, in senso stretto, si intende il risparmio di fonti energetiche altrimenti utilizzabili, quindi, in concreto, si intende il risparmio di petrolio, metano, combustibili solidi e materiali fossili. Questo perché in massima parte le fonti energetiche rinnovabili non si possono risparmiare.

Le stesse fonti rinnovabili quindi spesso possono essere un mezzo di risparmio energetico: il loro utilizzo può ridurre il consumo di fonti energetiche altrimenti utilizzabili. Quindi il risparmio energetico è una forma di energia rinnovabile, e viceversa.

Il risparmio energetico è un fine, mentre l’utilizzo razionale dell’energia (e quindi l’applicazione delle tecnologie efficienti) è il mezzo o il metodo: è ciò che permette, nella pratica, di ridurre il consumo di risorse energetiche altrimenti utilizzabili.

Esempio di utilizzo razionale dell’energia: investendo energia per coibentare meglio la casa si ottiene un minor consumo di combustibili, (risparmio energetico passivo).

Altro esempio: investendo energia per produrre e installare sistemi di riscaldamento e/o per generazione di energia elettrica tramite sistemi FER (risparmio energetico attivo) si avrà ancora una riduzione del consumo di combustibili.

Per favorire il risparmio energetico ottenibile tramite l’utilizzo razionale dell’energia e delle tecnologie efficienti possono essere stabiliti, a norma di legge, degli standard minimi di efficienza energetica, con incentivi per chi adotta misure più efficienti della norma, incentivi non necessariamente economici. Anche il risparmio di materie prime contribuisce al fine del risparmio energetico, in quanto per ottenerle serve comunque l’impiego di energia, quindi il ricliclaggio dei rifiuti, la riduzione degli stessi e il riutilizzo di prodotti concorrono all’obiettivo del risparmio energetico.

Per raggiungere anche un’alta efficienza energetica, si può intervenire nei seguenti modi:

  • sull’involucro, le pareti in muratura possono aumentare le proprie prestazioni, grazie all’impiego di un cappotto termoacustico interno od esterno, disponibile in fibra di legno, fibra minerale, fibre di cellulosa etc. Per individuare le parti con maggiore dispersione di calore è opportuno eseguire una INDAGINE TERMOGRAFICA. Detta indagine permetterà di intervenire in modo mirato, evitando spese di lavori superflui.
    Nel caso di una nuova costruzione, se alla classica casa in muratura, si preferisse una casa in legno, tale parete in legno dello spessore di 28 cm svolgerebbe il proprio compito con prestazioni pari a quelle che assolverebbe una parete in muratura di 75 cm.;
  • su gli impianti, grazie all’impiego di pompe di calore in sostituzione alla caldaia a gas. Le pompe di calore infatti sono sistemi che sfruttano la temperatura dell’aria esterna, o quella del terreno grazie a sonde geotermiche, e per mezzo di un processo termodinamico la temperatura assorbita viene aumentata o ridotta (in caso di riscaldamento o raffreddamento) e poi trasferita all’ambiente interno. L’abbinamento ideale per questo sistema è l’uso di un impianto radiante che posizionato al di sotto delle masse a pavimento o a parete, è in grado di emettere in brevissimo tempo il calore per irraggiamento sufficiente a creare un comfort climatico ideale grazie all’omogeneità della temperatura interna;
  • sistema di ventilazione meccanica controllata, grazie ad un recuperatore termico, garantirà una temperatura interna ottimale, riducendo il consumo di energia.

Legge 10

Quando si decide di intervenire su un immobile dal punto di vista strutturale o nel momento in cui si desidera iniziare i lavori per la costruzione di un nuovo edificio, è necessario che permessi e autorizzazioni siano rilasciate per tempo dagli organi preposti. Un documento che risulta molto importante per avere il via libera in merito ai lavori è senza dubbio la Relazione Legge 10, una sorta di espressione dei modi e dei metodi coinvolti nella progettazione e nella realizzazione dell’opera in questione.

La Legge 10/91 è un documento atto a dimostrare che l’edificio di nuova costruzione, o oggetto di ampliamento, ristrutturazione di primo o secondo livello o riqualificazione energetica, rispetta i parametri minimi richiesti delle caratteristiche energetiche. Le norme (Decreto interministeriale 26 giugno 2015) infatti indicano, a seconda della zona climatica e del rapporto S/V (superficie disperdente/volume lordo) e dell’edificio di riferimento, una serie di parametri energetici che l’involucro edilizio, comprensivo di murature, pavimenti e solai, e gli impianti, devono necessariamente rispettare per raggiungere un determinato indice di prestazione energetica minimo.

La Legge 10/91 è una relazione che contiene al suo interno le scelte progettuali riguardanti le stratigrafie di murature, pavimenti e solai, i serramenti e gli impianti di un edificio. La relazione deve essere allegata al progetto edilizio da presentare in Comune per l’ottenimento del relativo permesso edilizio.

La Legge 10/91 deve essere redatta da un professionista, direttamente incaricato dal proprietario dell’edificio. Il professionista deve essere iscritto all’Albo Professionale di appartenenza.

Quando serve compilare la Relazione Legge 10

Non sempre è necessario compilare la Relazione Legge 10, ma vi sono casi in cui la sua redazione è obbligatoria.


In buona sostanza questa è necessaria quando vi sono lavori che contemplano una nuova costruzione o comunque interessano la struttura e gli impianti dell’immobile: edifici di nuova costruzione, edifici sottoposti a ristrutturazione di primo o secondo livello e interventi di riqualificazione energetica. Queste sono le tre macroclassi che la Legge stabilisce a carattere generale.


É possibile, di conseguenza, identificare una serie di casistiche in cui la redazione della Relazione Legge 10 è resa obbligatoria.

– Nuova costruzione di edifici.

– Opere di abbattimento, demolizione e successiva ricostruzione.

– Interventi mirati ad incrementare la volumetria di un edificio già costruito, nella misura superiore al 15% o comunque riguardanti volumi superiori a 500 metri cubi.

– Interventi importanti che interessano ristrutturazioni di primo e di secondo livello.

– Riqualificazione e ridefinizione della classe energetica della casa, con anche ammodernamento strutturale degli impianti termici già presenti all’interno dell’immobile (lavori di ristrutturazione con finalità di riqualificazione della classe energetica, che interessano manutenzioni ordinarie e straordinarie degli impianti, riqualificazione o risanamento).

– Installazione di nuovi impianti.

– Sostituzione di generatori di calore: solo nel caso in cui il nuovo generatore superi la potenza limite stabilita nel Regolamento Ministero Sviluppo Economico 37/2008, dove al comma quinto esprime il dato relativo al valore. Altro caso di obbligo di presentazione della Relazione è quando viene installato un impianto che funziona con un combustibile diverso dal precedente.